S. Michele Arcangelo
S. Michele Arcangelo
Originariamente in stile romanico, la chiesa di S. Michele Arcangelo di Vico nel Lazio ha subito nel corso dei secoli numerosi rifacimenti. La facciata presenta ancora caratteri stilistici romanici ed è affiancata da una torre campanaria a pianta quadrata detta “dei Presbiteri”, nella quale sono visibili una meridiana circolare, un orologio e una scultura romanica raffigurante il busto di un leone. Il pezzo di maggior pregio artistico, qui conservato, è costituito da un mosaico del XII sec. proveniente dalla basilica romana di S. Maria Maggiore. Attualmente esso forma il paliotto dell’altare sito nel transetto di sinistra, mentre in origine,
faceva parte del tabernacolo delle reliquie commissionato dai coniugi Capocci. E’ immediata e legittima la curiosità di conoscere come e quando esso sia stato trasferito a Vico: ciò avvenne grazie a monsignor Nardini, conclavista del cardinale Colonna, tra il 1740-’50, in seguito alle grandi trasformazioni apportate alla basilica romana. Sull’altare vi sono i candelabri in pietra risalenti all’epoca barbarica, mentre ai lati vi sono due colonnine tortili cosmatesche. Nella parete sovrastante, si trova un dipinto della fine del XVI sec. raffigurante La Trinità. Esso è stato attribuito al Cavalier d’Arpino, maestro del Caravaggio. Di bella fattura è anche un Crocifisso in madreperla intarsiata e il busto bronzeo di S. Giorgio, protettore di Vico.
La chiesa, a pianta e a croce latina con transetto è a tre navate. Nel transetto di sinistra si trova, di fronte, la Cappella delle reliquie con il prezioso paliotto d’altare bizantino (sec. XII) proveniente da Santa Maria Maggiore in Roma. Il mosaico che decora l’altare faceva parte del così detto “Tabernacolo Capocci” o “ciborio” delle reliquie fatto fare da Giacomo di Giovanni Capocci e da sua moglie Vinia (esso rimase in basilica fino alle radicali trasformazioni operate dal Fuga tra il 1740 e il 1750). Fu portato a Vico intorno alla metà del secolo XVIII da don Pietro Paolo Nardini, conclavista del cardinale Colonna. Frammenti cosmateschi del “Tabernacolo Capocci” sono nella chiesa di Wilton, cittadina del nord dell’Inghilterra. Sull’altare, candelabri in pietra scolpita di epoca barbarica. Ai lati, due colonnine tortili e una lastra oblunga cosmatesche. Sul retro del paliotto musivo suggestive decorazioni a basso rilievo risalenti ad un più antico manufatto romanico databile al IX secolo. Alla parete dipinto della fine del secolo XVI raffigurante la Trinità, rappresentata in modo singolare: Cristo morto in grembo al padre e in alto la Colomba dello Spirito Santo; il dipinto misura m. 1.10 X 1.70. Vi si conserva pure una croce di legno di ulivo completamente ricoperta di madreperla, incisa a mano e punzonata, proveniente dalle scuole tenute dai Francescani a Gerusalemme, alta cm. 140 e larga cm. 70. Si tratta di un prezioso manufatto di poveri arabi cristiani, portata a Vico da Antonio da Vico, un fratello laico dei minori riformati. Nella cappella si conserva il busto argenteo di S. Giorgio con le iniziali I [nclito] M [artire] G [iorgio] P [atrono] V [ico] scolpite e la data 1713.
Una tomba murata, nella parete di destra, conserva il corpo di p. Francesco Pitocchi, redentorista già parroco di Vico, qui traslato da Roma il 13.6.1960. Vi si conservano anche 17 reliquie di altri santi. Sotto l’altare maggiore si conserva il corpo di S. Prospero martire, un soldato della legione Tebea, ucciso durante la persecuzione di Massimiano all’inizio del IV secolo. Il corpo fu traslato dalla Dominante alla nostra insigne collegiata, regalato da una spagnola a Benedetto XIV il quale lo donò all’E.mo cardinale Colonna Gerolamo, che lo donò a sua volta al vicano don Pietro Paolo Nardini, dottore in ambo le leggi, protonotario apostolico, cappellano di Benedetto XIV, conclavista del cardinale Colonna. Il raccolto coro ligneo dei canonici, molto antico, probabilmente del 1750, anno nel quale la chiesa fu elevata a insigne collegiata, si arricchisce di preziosi intagli da attribuirsi ad artigiani locali. Il soffitto a volta conserva, sopra l’altare maggiore, un affresco raffigurante S. Giorgio, protettore di Vico, che uccide il drago, mentre la giovane donna si allontana ormai libera verso il paese, con la scritta “Ineffabilis protector poster George ora pro populo tuo”. Nell’arco confinante si nota la scritta che ci ricorda che la chiesa è una collegiata dedicata a S. Michele Arcangelo: “Insignis Collegialis Ecelesia s. Michaelis Archangeli”.
Nei pennacchi, i simboli dei quattro evangelisti su altrettanti rosoni: l’uomo per S. Matteo, il leone per S. Marco, il bue per S. Luca e l’aquila per S. Giovanni.Altri affreschi della volta, dall’altare andando verso l’uscita, raffigurano la Pietà e S. Michele Arcangelo con la spada sguainata gridare “Quis ut Deus ?”.Ai lati della pittura, due piccoli tondi raffiguranti il primo la porta del Paradiso, il secondo la porta dell’Inferno. Segue l’affresco di S. Pio I, papa e martire, e quello di S. Erasmo vescovo di Formia. Nella navata di destra, sulla parete dove esisteva anche un altare, un bel quadro raffigurante il martirio di S. Sebastiano (m. 1.30 x 1.50) con S. Domenico di Sora e S. Rocco (?). Nel primo pilastro della navata di destra vi è murata la croce del Giubileo portata a Vico da monsignor Don Pietro Paolo Nardini con la scritta: Ex porta aurea Basilicae Liberianae E.mus D.D. Hieronimus Columna S.R.E. Card. Archipr. D.D. Petrus Paulus Nardini H.P. Anno Jubilaei MDCCL. Più avanti, nel transetto di destra, la Cappella del Sacramento conserva, nella parete centrale, un dipinto parietale: alcuni angeli in atto di adorazione, del pittore Giovanni Gagliardi di Roma. In fondo alla navata centrale, nella parete di centro un grandissimo quadro (2.60 x m. 1.80), tela ad olio di ignoto pittore del 1687, raffigurante la gloria di Maria con veste rossa e manto azzurro che regge in piedi sul grembo il Putto nudo e benedicente. Ai suoi lati sono seduti S. Giuseppe e S. Giovanni Battista, in alto nimbo di serafini. In primo piano altri tre santi: S. Michele Arcangelo nella rituale armatura che calpesta il dragone, sollevando nella sinistra la bilancia e impugnando la spada. Di fronte a lui è inginocchiato S. Domenico e un po’ più indietro S. Lucia con la palma ed il piattello con i globi oculari. Collocato sopra l’entrata principale della chiesa, in fondo alla chiesa stessa, nella cantoria ancora oggi visibile vi è l’organo. Oggi è muto, ma fa solo una bella mostra di sé nella loggia-cantoria, privata peraltro della scala di accesso. Esso è stato progettato ed eseguito dai signori Spadari di Affile, celebri organari insieme con l’altra famiglia dei Catarinozzi, forse alla fine del 1700. Uscendo dalla chiesa, nella parete di destra e nella parete di sinistra, due lapidi marmoree ricordano il XVI centenario del martirio di S. Giorgio.